Hadewijch d’Anversa
(ca. 1250)
«Chiunque costruisce la sua vita sull’amore puro e vero e lo rischiara con la sua lucida ragione,
l’amore lo nutrirà con la sua parola: sarà iniziato e sarà chiamato ‘maestro’»
Non abbiamo notizie certe della vita di Hadewijch. Sappiamo che è vissuta tra la fine del 1100 e il 1200. Di lei, beghina fiamminga, maestra di beghine, restano gli scritti, considerati i più belli della mistica medioevale: Poesie, Visioni, Lettere. Romana Guarnieri, studiosa del movimento beghinale, la chiama “amica, compagna, maestra” e di lei scrive: “donna divorata da un amore inquieto, insaziabile, che non perdona, felice e dolorante, a volte disperato, brutale, capace di mettere in questione tutto, ma proprio tutto, come Giobbe; lei, poeta, visionaria, maestra, lei, nella sua verità, nella sua arte e cultura, intelligenza e libertà: viva, fra tortura e gioia; insofferente e giocosa, a volte tenera, a volte cruda nello scherno, durissima. Reale, inafferrabile. Bellissima. Tale la conobbi, e fu per me, con me”.
Il suo messaggio alimenta anche oggi la nostra vita per la sua attualità, la sua verità, il suo sapere unire la profondità della vita terrena con gli spazi infiniti dell’inconoscibile. Alcuni suoi versi sono orizzonti per noi:
“Chiunque costruisce la sua vita / sull’amore puro e vero
e lo rischiara con la sua lucida ragione,
l’amore lo nutrirà con la sua parola: / sarà iniziato
e sarà chiamato ‘maestro’. (e maestra aggiungiamo noi).